Rassegna Stampa

Hanno scritto di lui diversi critici e studiosi d’arte fra i quali: Lino Borghello, Rosinella Celeste, Licio Damiani, Paolo Bellini, Raffaella Cargnelutti, Giuseppe Selvaggi, Luciano Perissinotto, Maria Luisa Galantini, Gianni Spizzo e molti altri.

È presente in importanti Cataloghi d’Arte fra cui: MAYER, Catalogo d’Arte moderna italiana — Mondadori; Catalogo Internazionale d’Arte moderna — CIDA; Dizionario Enciclopedico d’Arte contemporanea — ALBA; “L’immagine e il pensiero: i percorsi del post-surrealismo in Friuli Venezia Giulia”.

A volte capita di imbattersi in opere che irradiano amore. Non accade mai abbastanza spesso quanto vorremmo ed è esattamente cioè che è accaduto a me quando ho visto per la prima volta i dipinti di Giorgio Linda.

Meir Ahronson

La sua pittura da voce a quella che potremmo definire una raffinata sobrietà. Forse l’elegante pacatezza delle sue opere è ciò che più lo differenzia dalle opere della nostra scena artistica e,alla luce di questo, l’esempio che Giorgio Linda ci porta è ancor più importante proprio per questa diversità interpretativa.

Meir Ahronson

Per l’artista un piccolo dipinto di una caletta o di un tramonto sono più emozionanti di una fotografia dello stesso soggetto. La differenza sta nel fatto che per l’obiettivo di una macchina fotografica un solo scatto, un breve attimo sono sufficienti a fermare un immagine mentre Giorgio Linda si prende tutto il tempo di studiare il paesaggio, assimilarne i mille toni di luce e solo dopo questo attento osservare ,lo dipinge dal profondo di quella che è ormai un’esperienza visiva che ha fatto sua.

Meir Ahronson

In una luce d’aristocratico isolamento, di alto e colto “dilettantismo”, dipinti e incisioni di Giorgio Linda avvolgono di luci e ombre seicentesche leggendari personaggi yiddish della Mitteleuropa e dei ghetti della Serenissima.

Licio Damiani

Miniatore di affreschi, le sue costruzioni affondano nella immobilità del mito, forse per alludere – provocatorie - anche a questo nostro presente precipitato in se stesso.(…) In ogni caso la chiave di lettura adottata esula dalla dimensione strettamente confessionale, nella persuasione che la portata del simbolico travalichi  l’appartenenza religiosa per diventare di tutti, universale, a-temporale. (…) La sua pittura sembra ribadirci che tutto ciò che conta ha la sua perennità.

Gianni Spizzo

Nelle composizioni di Giorgio Linda le presenze umane si ritraggono in dimensioni minime o si lasciano macerare dalla luce, la quale lungi dall’evidenziarne la fisicità, proclama la sconvolgente disparità fra le loro minuscole proporzioni e l’assoluto della divina “sapienza”, che si palesa in un silenzio raggrumantesi in pregnante consistenza spaziale.

Luciano Perissinotto

Negli olii su tavola e nelle incisioni di Giorgio Linda si legge una sorta di “catabasi” nella cultura e nella spiritualità ebraiche, resa attraverso riflessioni attente fino alla reinvenzione fantastica su pagine della pittura seicentesca, settecentesca e romantica.

Luciano Perissinotto

In un panorama artistico in cui sempre di più acquistano pregnanza i nuovi mezzi tecnologici e dove la provocazione sembra essere di moda, Giorgio Linda opta per un linguaggio sommesso ispirato ai maestri del passato. (…) Stilisticamente si rivolge al passato, ma il messaggio che ci trasmette è estremamente attuale ricordandoci l’importanza che nella nostra esistenza rivestono lo studio, la conoscenza e il rispetto della diversità.

Maria Luisa Galantini